In Cina lo stato imperiale deteneva il monopolio della estrazione del sale lasciando la gestione del trasporto e distribuzione all’interno del paese a consorterie di mercanti privati. Questa sinergia tra supervisione statale e gestione privata si rivelò di grande successo, creando una fitta rete di trasporti fluviali che garantiva la diffusione dell’alimento anche in zone remote del paese e assicurando notevoli introiti alla nascente borghesia imprenditoriale, oltre a mantenere una fiorente economia locale legata al commercio del sale e dei prodotti derivati. In alcune zone del paese, il sale divenne una sorta di moneta di scambio, di cui si servirono anche le truppe dell’esercito popolare di liberazione di Mao durante la rivoluzione cinese, per istaurare un rapporto economico con le popolazioni locali. L’uso del sale nella cucina cinese assume un significato superiore a quello della cucina occidentale, poiché secondo la tradizione culinaria legata alla medicina tradizionale, il gusto salato è più efficace e salutare di quello prodotto dall’uso dello zucchero. Ciò spiega la quasi totale assenza di dolci nella cucina cinese e la ancora oggi vigente predilezione dei cinesi verso il salato, minata da alcuni decenni dalla massiccia adozione di alimentazione straniera da fast food , caratterizzata da un forte consumo di sostanze dolcificanti. Di fronte al crescente malessere tra la popolazione giovanile provocato da questi squilibri alimentari, stato e privati sono più che mai chiamati a ridefinire il sistema alimentare cinese garantendone la genuinità e la salutarietà.