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Ciò che rende unico il tatuaggio giapponese è l'essere in parte considerato come opera d'arte. Certamente anche nel Paese del Sol Levante il significato di ogni singolo elemento figurato racchiude un suo preciso significato che necessita una decodificazione, ma l'effetto estetico prevale decisamente sul tema iconografico. Guardaresottopelle significa andare oltre, scavare dove all’apparenza ci sono solamente bei disegni, andare a capire i motivi sociali, antropologici che li hanno generati, non solo per dare un significato ai tatuaggi stessi, ma soprattutto per capire l’uomo e la cultura che li ha ideati e creati.
In Giappone la legge che bandiva i tatuaggi è stata completamente revocata solo nel 1948, sotto l'occupazione statunitense. Da allora è iniziato un lungo processo di ritorno alla luce degli "horishi", i tatuatori, i quali hanno continuato a proporre libri e mostre dedicate alla loro arte influenzando il mondo pop giapponese. Già dagli anni Settanta, per esempio, designer come Issey Miyake lanciavano prodotti fashion ispirati ai tradizionali irezumi. Poi, negli anni Ottanta, il tatuaggio nipponico diventò popolare tra musicisti di band americane e britanniche, suscitando un nuovo interesse nei giovani giapponesi. Oggi, infine, lo irezumi sembrerebbe essere tornato alla ribalta. Eppure, secondo un recente sondaggio, meno del 2% della popolazione giapponese sarebbe tatuata: quali sono le forze che alimentano lo stigma sociale nei confronti dei tatuati e che regolano lo sdoganamento dell'arte tatuatori.
Costo 15 euro (comprensivo di dimostrazione e biglietto di ingresso alla mostra)