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Ciclo di conferenze a cura del Centro di Cultura Italia-Asia in collaborazione con la Casa della Cultura.
2. evento del ciclo "I palazzi del potere".
Noi sedentari abbiamo del nomadismo un'immagine sostanzialmente negativa. Infatti lo associamo ad una mancanza, ovvero all'assenza di una fissa dimora costituita da muri, da un tetto e da un focolare annerito dal fumo.
Ci inseriamo comunque in una tradizione molto antica: da Eschilo che parla di "Sciti nomadi che abitano dimore di vimini intrecciato poste su carri … " ad Erodoto che afferma che "è gente che non ha né città né mura, ma che trasporta la propria casa". In realtà, la nozione di nomadismo è ricca e complessa e il modo di essere nomadi è vario quanto i tipi di abitazione. Fonti archeologiche, storiche e iconografiche documentano che strutture abitative con telaio in legno erano costruite già in epoca protostorica: tende piccole e basse per la gente comune, tende più grandi per gli aristocratici e yurte gigantesche come palazzi per i capi tribali. Interamente riscaldate e abbellite da tappeti in lana e feltro, al loro interno veniva decisa la vita della comunità mobile: chi era amico e nemico, quali risorse ottenere e quali vendere, quando intraprendere la transumanza e verso dove, come utilizzare il latte, la carne, le pelli, la lana, i pascoli, l'acqua, gli schiavi presi in battaglia e gli aiuti offerti dalle comunità alleate.
La yurta era quindi il palazzo del potere dove la politica e l'economia si intrecciavano per il benessere e lo sviluppo dei gruppi di allevatori mobili delle steppe euroasiatiche. Ma non solo. La yurta era considerata un modello dell'universo dove si incontravano il mondo maschile dei guerrieri, difensori dei pascoli e delle risorse, e il mondo femminile delle madri, protettrici dei figli e del focolare domestico.
Gian Luca Bonora, nato a Ferrara nel 1971 e laureatosi all'Università di Bologna con una tesi in Paletnologia sulle sepolture collettive nella protostoria dell’Asia Media, ha difeso la tesi di dottorato all'Università di Napoli “L'Orientale” analizzando il vocabolario archeologico delle prime comunità di agricoltori e allevatori del Baluchistan preistorico. Dopo aver insegnato al Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna, si è trasferito ad Astana, in Kazakhstan, dove per quattro anni (2012 - 2016) ha tenuto in lingua inglese e russa corsi di archeologia e antropologia per studenti e dottorandi in diverse università del paese. Fin da studente è stato membro di numerose Missioni Archeologiche dell'IsMEO, dell'IsIAO e dell'Università di Bologna che hanno operato in Asia Centrale e Media e in Arabia, mentre dal 2007 ad oggi è Direttore della Missione Archeologica Italiana in Kazakhstan, che opera sotto l'egida del Ministero degli Affari Esteri e dell'ISMEO. E’ autore di più di settanta pubblicazioni in lingua italiana, inglese e russa, principalmente dedicate allo studio e analisi delle comunità preistoriche e protostoriche dell’Asia Media e Centrale. Sta per uscire dalle stampe il suo volume sull'analisi della necropoli dell’età del Bronzo di Adji Kui 1 e 9, in Turkmenistan meridionale. Attualmente è ricercatore del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) - ISPC (Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale).