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A proposito delle popolazione nomadi dell’Asia, Erodoto ricorda l’uso di incidersi la pelle e di auto mutilarsi in segno di lutto per la morte del re, “… si tagliano un pezzo d’orecchio, si radono i capelli tutto intorno, si incidono completamente le braccia, si graffiano fronte e naso, si trafiggono con frecce la mano sinistra” (libro IV, 71). La pratica del tatuaggio è archeologicamente provata presso le comunità di allevatori mobili dell’Asia Centrale e della Siberia meridionale del I millennio a.C. Le ricerche archeologiche hanno infatti portato in luce corpi mummificati maschili e femminili ricoperti di tatuaggi di straordinaria precisione e bellezza realizzati secondo i dettami stilistici della cosiddetta “arte delle steppe”.
Gian Luca Bonora - nato a Ferrara nel 1971 e laureatosi all'Università di Bologna con una tesi in Paletnologia, ha difeso la tesi di dottorato all'Università di Napoli “L'Orientale” analizzando il vocabolario archeologico delle prime comunità di agricoltori e allevatori del Baluchistan preistorico. Dopo aver insegnato al Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna, si è trasferito ad Astana, in Kazakhstan, dove per circa quattro anni ha tenuto in lingua inglese e russa corsi di archeologia e antropologia. Fin da studente è stato membro di numerose Missioni Archeologiche dell'IsMEO, dell'IsIAO e dell'Università di Bologna che hanno operato in Asia e in Arabia, mentre dal 2007 al 2014 è stato Direttore della Missione Archeologica Italiana in Kazakhstan, per conto del Ministero degli Affari Esteri. E' autore di più di cinquanta pubblicazioni in lingua italiana, inglese e russa, fra le quali anche un dizionario multilingue dei termini archeologici (in kazakho, russo, inglese e italiano).