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articolo di Rosella Morelli
fotografie: collezione Rosella Morelli
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“La prima menzione del kantha si trova nella letteratura pali ..il Ramayana menziona il punto kantha come una delle abilità in cui Sita eccelleva".
Usato per secoli dalle donne del Bengala[1] che, con ago e filo hanno dato espressione alle loro emozioni e le loro storie di vita, il Kantha è un tessuto tradizionale di tipo popolare, realizzato ricuperando e unendo pezzi di tela usata, per poi ricamarli. La tela, di cotone e rigorosamente bianca, piegata e lisciata, viene ricamata con filo tolto dai bordi dei vecchi sari, generalmente di colore rosso, blu e giallo.
Una volta sovrapposti i vari strati di stoffa, le estremità vengono fissate con uno spillo: la superficie viene appiattita così da non avere pieghe, quindi le estremità vengono cucite con un punto grosso “muri”e gli spilli rimossi. Si iniziano poi a disegnare i motivi, usando anticamente il succo di cortecce d’albero poi il carbone ed ora la matita.
Secondo la simbologia tradizionale al centro del Kantha si trova un lotus, una ruota di carro o un alpana (l’immagine in pasta di riso disegnata dalle donne indù davanti alle porte di casa), mentre ai quattro angoli ci sono motivi floreali o il peasley o kalka, stilizzazione dell'albero della vita. Lo spazio vuoto intorno a questi motivi principali incorpora una miriade di figure che rappresentano persone, moschee e templi, girandole colorate, oggetti ordinari e utensili, come il betel cutter[2] o il pettine, galline, pesci ed uccelli, e qualunque altra cosa sia passata per la mente della ricamatrice, che in maniera istintiva ed apparentemente primitiva crea la sua replica dell'ordine cosmico, attraverso una ricca simbologia.
Il lotus infatti è purezza, porta dell’universo, fertilità, femminilità;
l'albero della vita è albero cosmico, asse del mondo, il pilastro che sostiene l’universo; la ruota è ordine, il pesce è fecondità, elefanti e cavalli sono prosperità, il melograno abbondanza e fertilità, il baldacchino matrimonio, e così via.
Tutto questo racconto è scritto con un solo punto di ricamo nelle sue innumerevoli varietà: il running stitch anche Kantha stitch o Guri run. Per noi il punto filzetta, realizzato a volte con punti molto fini, a volte larghi e a piatto, spesso in linee ravvicinate, quasi sempre tirato in modo da creare intorno al motivo un’ondulazione che dà rilievo. Questa superficie ondulante è ricreata su tutto il tessuto: infatti anche la parte non ricamata da motivi viene riempita da punto filzetta. Un elemento importante è il bordo della tela cui si dà particolare importanza. Ci sono innumerevoli disegni per i bordi e nei Kantha più antichi sono di rara bellezza con incroci di motivi geometrici raffinati e complessi di diversi colori.
La tradizione è particolarmente viva in Bangladesh dove, insieme a grandi abilità nel creare varie tecniche per il ricamo, tessuti Kantha si trovano soprattutto nella zona di Rajshahi, Jessore, Khulna, Faridpur, Kushtia, Rangpur.
I Kantha diventano espressione di identità e sono ricamati sia dalle donne indù che musulmane con qualche differenza tra di loro. Nei lavori delle donne musulmane prevalgono motivi geometrici e floreali e sono decorati con un maggior uso del colore. Le donne indù propongono di più immagini, storie del Ramayana o Mahabharata, templi ed idoli e alberi ai lati .
Molteplici sono gli usi del Kantha, offerti spesso come regali in occasioni speciali quali matrimoni, nascite, festival e momenti di ospitalità domestica. Dagli usi delle tele Kantha derivano nomi e forme diversi.
Quelle quadrate servono per coprire cibo o regali, per sedersi durante puja o ashon, bayton o bostani servono per contenere libri, gilaf[3]* per contenere il Corano, durjani, batua o thalia per portafogli o tenere foglie di betel.
Quelli rettangolari possono diventare un tappeto per preghiera o Jainamaz*, un arshilata per mettere il pettine e articoli da toilette o un arshi per lo specchio, un dastarkhan* lungo e stretto per mangiare, o il lep kantha più spesso e più semplice per l' inverno. Le tele rettangolari più grandi saranno per far accomodare e presentare regali agli ospiti.
Forse il suo uso più significativo è il regalo di una copertina Kantha a un neonato: il tessuto vecchio e liso, reso morbido dai molti lavaggi e dall'usura, tiene lontani gli spiriti maligni ma mantiene il calore e lo spirito della donna che lo ha ricamato.
I Kantha più antichi si trovano in musei e collezioni private. Forse il tributo maggiore a questa tradizione è stato dato dall' eccezionale mostra al Philadelphia Museum of Art del 2009, la prima mostra dedicata esclusivamente a questo tessuto fuori dal contesto asiatico.
Altri musei in Europa, America e Asia preservano esemplari di questa antica traduzione. Nel mondo contemporaneo nel Bengala indiano e in Bangladesh è rimasta questa tradizione ora focalizzata soprattutto sull’uso della tecnica e del punto, con una elaborazione diversa dei motivi in cui sono sempre meno evidenti i diversi elementi dello schema decorativo e simbolico.
Nonostante ciò si trovano prodotti di eccellente fattura che ne consentono anche un uso personale, nel mondo odierno della moda e del design.
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