Una storia ancora da scrivere: le Esposizioni Universali

Ci sono due modi sicuri per impedirsi di comprendere le esposizioni universali: esaltarle come arene del progresso o esecrarle come un puro spreco di risorse. Che esse continuino ancora oggi a esercitare ogni volta una grande presa sul pubblico di tutto il mondo, è innegabile. Molto meno evidente è spiegarne il perché. Quella delle esposizioni universali è una storia che ha mosso i primi passi solo molto di recente, misurandosi con l’obbiettiva difficoltà che comporta la molteplicità di attori e la vastità di testimonianze che occorre studiare. Ciò che sta emergendo grazie alle prime ricerche e ai primi studi è una forte discontinuità che ha improntato di sé la storia delle esposizioni universali fin dalla loro origine a metà Ottocento, con grandi punti di svolta coincidenti con la presenza di conflitti, in particolare con le due guerre mondiali. E' probabile che la vicenda e il significato delle esposizioni universali debba essere pensata alla luce di queste differenze, invece che della loro uniforme continuità, come se ognuna di queste mostre fosse ogni volta frutto di una storia a sé.

Un esempio eloquente di esposizione diversa dalle altre ci è offerto nella Milano di cent’anni fa, proprio dall’Esposizione internazionale del Sempione del 1906. 

Pietro Redondi, professore ordinario di Storia della scienza all’Università di Milano–Bicocca, ha dedicato al tema dell’Esposizione internazionale di Milano del 1906 due mostre e i volumi: La scienza, la città, la vita. Milano e l’Esposizione internazionale del Sempione, Skira, Milano 2006 e Città effimera. Arte, tecnologia e esotismo all’Esposizione internazionale di Milano del 1906. Sul tema più generale delle esposizioni universali ha curato la mostra digitale Mondi acquatici e marini nelle Esposizioni universali del XIX secolo, visitabile sul sito “Milano città delle scienze”